LA PAZIENTE INCONTINENTE
Ero ancora abbastanza fresco di corsi di formazione…,
ma abbastanza innamorato di questo lavoro
per condurlo con tutta la passione
e la convinzione di chi ogni giorno ha la conferma
che è sulla buona strada.
La titolare della clinica presso cui lavoravo,
mi raccomandò una sua carissima amica:
“ha mal di schiena e non riesce a seguire
le lezioni di ballo”. Infatti, al primo incontro,
la prima cosa che la paziente mi disse fu:
“proprio ora che sono in pensione e posso godermi
la vita non posso fare ciò che sogno…, ballare;
il mal di schiena mi spezza le reni”.
65 anni ben portati, stoffa da bersagliere,
torace imponente, diritta e testa alta.
Proprio una bella signora…, posturalmente parlando.
Due cose mi colpiscono in modo particolare:
la prima è il grande e prominente torace…,
la seconda il suo addome: vi sono tre grandi
cicatrici al di sotto dell’ombelico (delle quali
nella storia anamnestica non me ne ha parlato).
Non apprezza la mia domanda a riguardo
e cerca di sviare il discorso.
Io insisto delicatamente. “Soffro da qualche anno
di incontinenza…, …, devo portare l’assorbente”,
dice la paziente a testa bassa.
Ma quale è il nesso fra l’incontinenza e le cicatrici?
La paziente mi racconta di essere stata operata
per ben tre volte per “sospendere ed ancorare”
la vescica alla parete addominale…, per risolvere
il problema delle costanti infiammazioni uretrali
e la relativa consequenziale incontinenza.
Ma il risultato dei tre interventi fu decisamente nullo.
“Sono costretta ad andare in bagno ad ogni ora
per cambiare assorbente per evitare il peggio”.
“Oltre a questo devo cercare di non fare sforzi
per non causare ulteriori perdite”.
Decido inizialmente di soprassedere…,
e facendo finta di nulla sorvolo l’argomento.
Comprensibile…!
Inizia la mia azione terapeutica partendo
da una postura standard per poter
trattare adeguatamente il diaframma.
Si…, il diaframma ed il torace erano
veramente rigidi, portando dentro di se
un blocco che si trascinava dalle difficoltà
di relazione coi genitori, sin dalla prima infanzia.
Utilizzai ogni mia conoscenza riguardo il diaframma,
e al blocco marmoreo del torace.
Al secondo appuntamento, la buona notizia:
“il mal di schiena è stato meno forte
e meno insistente del solito”.
Approfittando della vittoria ottenuta e
della sua compliance, mi preparai per allargare
le mie possibilità di approcci alle cicatrici…,
ma dovetti nuovamente desistere e declinare al solo
trattamento del respiro, del diaframma e del torace.
Ma, mentre stiamo trattando il diaframma,
realizza che per tutta la settimana,
dopo la prima seduta, ha dimezzato le volte in cui
doveva andare in bagno a cambiare l’assorbente.
Non più ogni ora, ma ogni due ore…
Le spiego la logica per cui il trattamento svolto,
potrebbe essere stato lo strumento responsabile
del cambiamento avvenuto…. Mi guarda con aria
sospetta tipica di chi ha paura che gli si voglia vendere un frigorifero.
Le spiego: quando il diaframma è sottoposto cronicamente
ad una vita di tensioni, paure, ansie, stress,
lui ha la tendenza a modificare la sua forma,
la sua posizione, dunque anche la sua funzione.
La sua cupola si irrigidisce, si accorcia e si sposta più in basso,
usurpando uno spazio che non gli è dovuto.
Se fisiologicamente la cupola occupa
uno spazio in alto ed ha movimenti normali,
(a riposo ha un movimento verticale di circa 1/3 cm),
in certi casi di forti tensioni la sua discesa può essere
di parecchi cm, senza poter più risalire!!!
Questo fa si che tutti gli organi sottostanti
siano spinti e compressi verso il basso.
Stomaco, fegato, intestino, vescica, cisterna di Piquest
del sistema linfatico, utero, prostata…., etc.
Tale aumento pressorio costituirà anche un freno
alla risalita del flusso linfatico e venoso delle gambe,
con tutte le conseguenze che conosciamo.
(Ci sarebbe da aprire un capitolo intero sulle
problematiche legate ad un diaframma retratto).
Così, nel caso della paziente, la vescica veniva
compressa oltre modo riducendone il volume…,
riempiendosi prima del dovuto…, favorendo
oltremodo anche l’incontinenza.
La sorpresa straordinaria…, giunse all’inizio della quarta seduta:
la paziente non solo esultò perché poteva ballare
senza il benché minimo segnale del dolore lombare,
ma non doveva più usare l’assorbente
e non doveva più andare in bagno ogni ora…,
se non come tutte le persone.
Avevo agito solo sul diaframma ed indirettamente sulle catene muscolari ad esso legare; non avevo
neppure potuto agire direttamente nè sui visceri
e tanto meno sulle tre cicatrici come avrei voluto.
Non potevo certo avere dubbi sul valore della
presa in carico del diaframma e dunque del potere
che lui celava al suo interno e la stretta relazione
che lui ha con tutte le catene muscolari.
Ero gioioso, alle stelle…, forse più io della paziente.
Forse una gioia ed un entusiasmo di chi cerca
ed ama le conferme…, ma furono conferme
cosi importanti tali da modificare e rafforzare
il mio modo di fare postura…, e dunque
il corso della mia professione.
Una lezione che non ho mai più dimenticato…
a moltissimi anni di distanza.
(D. Raggi)
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