UN DIAFRAMMA… PER ARIA
“Mia moglie mi sgrida sempre”…, sorridendo mi dice il paziente…
Paziente ultra settantenne, una gran brava persona; quando parla, si capisce a malapena ciò che dice. La sua voce é “strozzata, rauca, sporca, stanca”.
“Mia moglie mi dice costantemente di schiarirmi la voce perché non mi sente…; io ho costantemente catarro in gola, sulle corde”.
Devo riconoscere, suo malgrado, che sua moglie ha ragione; infatti appena il paziente attua il raclage, quella modalità di schiarirsi la voce attraverso “il raschiare via il catarro dalla gola, dalle corde vocali, la sua voce è immediatamente nitida, chiara, ben percepibile e le sue parole acquisiscono il loro significato; ma 30” dopo, tutto torna come prima. Se da un lato questa azione rende chiare le sue parole, al tempo stesso tale azione di raclage ripetuta migliaia di volte durante la giornata, lo debilita fisicamente ed irrita anche le corde. Indago a riguardo dell’alimentazione e dello stato dell’intestino che risultano essere congruenti. Dunque non è una forma di disbiosi a produrre il muco.
Ma lui viene in studio non per la voce…, ma per il suo mal di schiena. Respira sempre e solo con il torace che per altro ha una strana forma. Più tardi apprendo che é stato operato al cuore, “a cielo aperto”, e la cicatrice, tutta storta e persino obliqua, attraversa tutto lo sterno ed oltre; questa potrebbe giustificare l’alterata forma ed alterata funzione respiratoria. Gli spiego che la stanchezza cronica potrebbe essere legata anche all’incongruo e “costoso modo di respirare”. Gli faccio uno strano ma reale esempio: se normalmente a muovere il diaframma, per ogni atto respiratorio può rappresentare un costo di un centesimo di €, a muovere tutte quelle costole come fa lui, costa 1€ per ogni atto respiratorio, soprattutto per come é rigido e strutturato il suo torace. Lui, da ex dirigente aziendale, conosce bene i concetti di economia di una azienda… e comprende che la dinamica energetica del corpo, non si discosta molto dall’economia di una azienda in cui ogni reparto deve funzionare bene per non gravare e compromettere a catena gli altri reparti. Tutto costa e tutto ha un prezzo, come il camminare, mangiare ed ovviamente anche il respirare. Appena il paziente si posiziona in postura senza i compensi, il suo torace non lascia più neppure un solo dubbio: completamente bloccato in inspirazione. Mi dice persino che si sente soffocare perché la tensione dal diaframma gli arriva fino in gola. Lo devo persino supportare con un temporaneo rialzo sotto la testa e modificare l’angolo di lavoro per passare attraverso la fase più difficile.
Forse il suo diaframma, completamente bloccato in basso, potrebbe essere corresponsabile di più fattori: sia della aberrata forma del torace e viceversa, quanto della respirazione costale. Potrebbe essere responsabile anche della stanchezza cronica quanto della costante presenza del catarro cordale. Ma potrebbe essere compartecipe anche della lombalgia che si manifesta proprio a livello delle inserzioni posteriori del diaframma quando vi sono eccessi di tensioni, come in questo caso. Sappiamo che il diaframma é il regista delle catene neuro-mio-fasciali e che come tale “mette il becco in ogni cosa”, entrando di prepotenza in ogni funzione.
Recuperare una corretta respirazione con questo paziente non è affatto facile per le notevoli implicazioni che hanno portato il suo torace a quella forma e a quelle aberrate funzioni meccanico respiratorie.
Mi rimbocco le maniche e decido di intraprendere tale percorso, soprattutto perché il paziente ha ben compreso tutto ciò che gli ho spiegato e concorda con me sul piano strategico-terapeutico. Iniziamo: 10, 20, 30’ di respirazione guidata, tra manovre delicate sul diaframma, manovre meccaniche di inibizione del movimento costale, azioni di attivazione di determinate catene e di allungamento di altre. Il suo schema respiratorio é incredibilmente radicato al solo ed unico movimento del torace e null’altro. Il recupero del vecchio schema respiratorio non è affatto semplice, ma non certo impossibile. Dobbiamo applicare contemporaneamente più strategie pur semplici, delicate ma al tempo stesso perentorie per sradicarlo dai suoi schemi patologici: alla fine il paziente sembra un’altra persona. Respira in modo del tutto diverso, é più diritto, più leggero…, detto dal paziente. Lui, che non sorride mai, ostenta un sogghigno che nasconde una sorta di sfida, di incredulità ma anche di speranza e sollievo.
La seduta successiva é ricca di emozioni: ha fatto una settimana di “letterale rinascita” nella quale non ha dovuto schiarire la voce “neppure una sola volta”, non ha avuto mal di schiena e la stanchezza cronica dimezzata.
La dinamica della sua respirazione, dopo l’intervento cardiaco era stata completamente stravolta a causa di cicatrici, aderenze e costole saldate in modo inadeguato e disallineato; dal lì in poi iniziò il calvario della voce rauca e sporca, della lombalgia e della stanchezza. Il diaframma, divenuto disfunzionale, aveva modificato la forma del cardias, facendo così “trasudare” vapori di succhi gastrici senza però palesare evidente reflusso gastroesofageo e tanto meno una ernia istale. Tutto ciò aveva allontanato le diagnosi di reflusso e quindi non era mai stata trovata la soluzione alla sua raucedine.
A volte io stesso rimango sbalordito quanto un processo semplice come quello della respirazione sia in grado di togliere e restituire una vita funzionale.
Ma dopo tutto, alla nascita, il primo atto respiratorio ci da la vita…, e l’ultimo atto respiratorio… ha il potere di portarcela via. Che strana vita, appesa anche ad un diaframma…!
(D. Raggi)
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